Storie, dentro altre storie

Sto leggendo un libro. Si chiama “Via Appia”, di Paolo Rumiz. Il titolo è abbastanza esplicativo, racconta un viaggio, la riscoperta di una storia sepolta, letteralmente, sotto secoli di altre storie.

Quest’estate sono uscito a fare un giretto in moto, era un caldo pomeriggio di Luglio. Imbocco un’uscita decadente sulla Statale, arrivo (non prima di aver rischiato di scivolare in una pozzanghera profonda mezzo metro) ad una fontana. Quattro vasconi di cemento, in fila uno sotto l’altro. L’acciottolato intorno, ricoperto di erba e fango, del resto le mucche ed i lupi che nottetempo vengono ad abbeverarsi qui non se ne curano di certo. “Fontana Vetere” recitava il cartello scolorito e mitragliato da qualche pallottola da caccia, ne avevo letto qualcosa sul web mesi prima.

Ebbene tornando al libro, apprendo da queste pagine che questa fontana è qui da almeno ventitrè secoli, e che la diroccatissima provinciale che sto percorrendo, in mezzo alle colline spoglie e riarse dal sole, altro non è che il tracciato della via Appia, la strada piu antica d’Europa.

A questo punto verrebbe da dire: “Ah! Se queste pietre potessero parlare, racconterebb…”

No. Queste pietre non possono parlare.

Prima di tutto perchè, le pietre, non ci sono più. Ne quelle che costituivano i vasconi della fontana, ne le basole della strada. Per ascoltare questa storia bisogna sfilarsi il casco, sedersi e riflettere: in effetti, la storia è proprio la loro assenza.

Le pietre, chissà che fine hanno fatto. Portate via, riutilizzate per costruire uno iazzo, una casa, un riparo, una stalla, o forse il vicino castello, o chissà cos’altro. Sono diventate parte di un’altra storia, di altre storie, le une sopra alle altre, mutando forma e destinazione, fino a diventare irriconoscibili agli occhi di noi che non siamo certo archeologi.

Qui non c’è nessun effetto WOW!. Non c’è nessuna meraviglia dinanzi cui mettere la moto e fotografare. Nessun monumento da mostrare ai familiari al ritorno dalle vacanze.

C’è però una fontana, nata per dar da bere, e che continua a dar da bere anche 2300 anni dopo. La strada…beh, quella no, non unisce più nulla. La malandata lingua d’asfalto spaccata dagli alluvioni, in cui pocanzi mi stavo ammazzando, non è nemmeno lontanamente parente di ciò che era in origine. Ci sono ventidue secoli di lotta per la sopravvivenza da parte delle italiche genti, cui fino a ieri è mancato sia il tempo che gli strumenti culturali per pensare a queste cose: se una cosa si poteva riutilizzare la si riutilizzava, senza troppi “se” e “ma“.

Ora (per fortuna?) non è più cosi da un po. Abbiamo benessere, cultura. E quest’anno pure il tempo non manca.

Vuoi mai che l’acquazzone che imperversa da stamattina, solcando ancora un pò la carreggiata, riporti alla luce qualche centimetro di basolato. Non credo però che sarò io ad accorgermene, se la mia moto si accorgesse che ho acceso di nuovo la freccia per quell’uscita, piuttosto mi sbalza dalla sella e va a buttarsi nel lago dall’altro lato della Statale. 😆

Riferimenti:

https://www.pandosia.org/fontana-vetere-insediamenti-antichi-vallebasentello/

Il libro di Paolo Rumiz – Via Appia – Feltrinelli Ed.

Cammino della via Appia – MiBACT