Vestirsi, scendere giù, il borbottìo irregolare del motore che si scalda mentre infili gli stivali.
Percorrere, piano, qualche strada nell’aria ancora umida del mattino, fermarsi a fare colazione da qualche parte mentre, intorno, qualcuno sta ancora spalancando le imposte della camera da letto.
Ripartire, mentre a destra ed a sinistra del casco (aperto) scorrono campi, boschi, vigneti, scambiare un cenno di saluto col contadino ed il suo trattore, unica altra presenza sulla strada.
Scattare qualche foto sotto la supervisione attenta di un nibbio reale giusto sopra la tua testa.
Ri-fermarsi, un sorso d’acqua alla solita fontana di sempre, una signora intenta a preparare la pasta fresca per il giorno di festa.
Queste, ed altre cose, sono ciò che mi è mancato in questi due anni senza moto.