Un salto indietro nel tempo.

Oggi ho provato una emozione particolare, una di quelle che sicuramente rimangono nella memoria di un motociclista.

No no, non ho affrontato nessun passo dello Stelvio, non ho provato neanche la Panigale V4, non ho girato al Mugello e non ho fatto neanche l’Elefantentreffen.

E che mai avrò fatto di tanto particolare? Ho semplicemente guidato per due chilometri su deserte stradine di campagna, una Moto Guzzi V7. Devo precisare, per quelli giovani (come o più di me) che non è il modello attuale, ma una prima versione 700 del 1969. Moto vecchie ne avevo già guidate altre, ma così nessuna. Le sensazioni provate sinora non sono mai state molto differenti dalla mia Bandit che, per parte sua, non è certo modernissima.

Cambio a destra a bilanciere, prima in su, le altre tre in giu, freno posteriore a sinistra, manubrio “da parata”, freno a tamburo avanti e dietro, finale cardanica. 

Sensazioni dicevo…a parte l’imbarazzo, mai provato su una dueruote, di muovere un mezzo cosi lungo, pesante, “strano” nella seduta, con quell’enorme sellone e quel manubrio che ti viene incontro, con le pedane difficili da trovare. Mettere la prima col tacco e partire, il bicilindrico che dondola e fa la voce grossa gia a poco piu del minimo, prendere (poca) velocità sulla stretta stradina asfaltata e polverosa, fra campi di grano, uliveti e muretti a secco mezzi caduti, rallentare in prossimità di una curva e provare paura e difficoltà nell’impostarla e tenere la linea, mi ha fatto piombare indietro di almeno cinquant’anni. Subito la mia mente si è domandata come facessero all’epoca i motociclisti a macinare centinaia di chilometri sulle strade che tanto mi appassionano e desidererei fossero ancora buone da percorrere con la mia Suzuki. 

Sicuramente doveva essere una cosa non di poco conto decidere di fare un viaggio in moto a quei tempi. Una cosa probabilmente non per tutti.

Se un giorno doveste incontrare questa anziana signora bicilindrica fra le curve della via Appia, oppure sui rettilinei infiniti delle Murge, oppure ancora sui tornanti della val d’Agri, chissà, potrei essere io.  🙂